Si parla di minaccia di aborto, quando si verifica sanguinamento in una gravidanza riconosciuta come vitale, prima della 24° settimana. Cioè l'ecografia ha mostrato la presenza di embrione o feto vitale, ma la paziente si presenta clinicamente con perdite ematiche vaginali.
L'ecografia in questi casi talora mostra la presenza di aree di distacco amniocoriale (cioè tra il sacco amniotico e il sacco coriale, che forma la placenta) oematomi sottocoriali. Questi aspetti ecografici non devono essere confusi con il "distacco di placenta", un'evento che si presenta generalmente al terzo trimestre di gestazione, con sanguinamento abbondante, che può essere pericoloso per il feto e la gestante. Diversamente, la presenza di distacco amniocoriale o di ematoma, di per sè non pregiudica il normale proseguimento della gravidanza nella maggioranza dei casi, qualora si osservino le comuni precauzioni (riposo a letto, assunzione di progesterone allo scopo di rilassare la muscolatura uterina).
Talora però non vediamo segni ecografici che possano spiegare il sanguinamento in atto. In questi casi si pensa che: o esiste una piccola area di scollamento, da cui il sangue esce senza accumularsi in un ematoma visibile ecograficamente, o che talora il sanguinamento provenga dal collo uterino (ad esempio da un piccolo polipo del collo, che in gravidanza diventa particolarmente vascolarizzato).
Purtroppo, in alcuni casi la minaccia d'aborto diventa aborto spontaneo, soprattutto quando il sanguinamento aumenta e compaiono intensi dolori uterini, legati alle contrazioni dell'utero che cerca di espellere il prodotto del concepimento.
Nel primo trimestre di gravidanza la terapia consiste nella somministrazione, generalmente parenterale (iniezioni) o vaginale, di progesterone. Questo ormone ha infatti la capacità di ridurre le contrazioni uterine e “favorisce” l’embrione con le sue membrane nel loro sviluppo.
Nel secondo trimestre la terapia si avvale invece dell’utilizzo di farmaci tocolitici (farmaci che “rilassano” la muscolatura uterina e che inibiscono le contrazioni) analoghi a quelli usati nella minaccia di parto pretermine, in quanto il progesterone, in questa fase della gravidanza, non ha più efficacia.
In entrambi i casi rimane l’imperativo del riposo: il riposo determina riduzione delle contrazioni uterine e facilita il riassorbimento di eventuali raccolte.
Si parla di minaccia di aborto, quando si verifica sanguinamento in una gravidanza riconosciuta come vitale, prima della 24° settimana. Cioè l'ecografia ha mostrato la presenza di embrione o feto vitale, ma la paziente si presenta clinicamente con perdite ematiche vaginali.
L'ecografia in questi casi talora mostra la presenza di aree di distacco amniocoriale (cioè tra il sacco amniotico e il sacco coriale, che forma la placenta) oematomi sottocoriali. Questi aspetti ecografici non devono essere confusi con il "distacco di placenta", un'evento che si presenta generalmente al terzo trimestre di gestazione, con sanguinamento abbondante, che può essere pericoloso per il feto e la gestante. Diversamente, la presenza di distacco amniocoriale o di ematoma, di per sè non pregiudica il normale proseguimento della gravidanza nella maggioranza dei casi, qualora si osservino le comuni precauzioni (riposo a letto, assunzione di progesterone allo scopo di rilassare la muscolatura uterina).
Talora però non vediamo segni ecografici che possano spiegare il sanguinamento in atto. In questi casi si pensa che: o esiste una piccola area di scollamento, da cui il sangue esce senza accumularsi in un ematoma visibile ecograficamente, o che talora il sanguinamento provenga dal collo uterino (ad esempio da un piccolo polipo del collo, che in gravidanza diventa particolarmente vascolarizzato).
Purtroppo, in alcuni casi la minaccia d'aborto diventa aborto spontaneo, soprattutto quando il sanguinamento aumenta e compaiono intensi dolori uterini, legati alle contrazioni dell'utero che cerca di espellere il prodotto del concepimento.
Nel primo trimestre di gravidanza la terapia consiste nella somministrazione, generalmente parenterale (iniezioni) o vaginale, di progesterone. Questo ormone ha infatti la capacità di ridurre le contrazioni uterine e “favorisce” l’embrione con le sue membrane nel loro sviluppo.
Nel secondo trimestre la terapia si avvale invece dell’utilizzo di farmaci tocolitici (farmaci che “rilassano” la muscolatura uterina e che inibiscono le contrazioni) analoghi a quelli usati nella minaccia di parto pretermine, in quanto il progesterone, in questa fase della gravidanza, non ha più efficacia.
In entrambi i casi rimane l’imperativo del riposo: il riposo determina riduzione delle contrazioni uterine e facilita il riassorbimento di eventuali raccolte.
